Come gestire efficacemente le neurodiversità in azienda
Le differenze neurologiche sono variazioni naturali del cervello umano: è questa l’idea alla base della neurodiversità. Ogni individuo ha un modo unico di pensare, apprendere e interagire con il mondo, e può dunque portare un valore aggiunto dato dalla sua unicità, anche nelle aziende.
Le persone neurodiverse, grazie alla capacità di elaborare le informazioni in maniera differente, apportano alle organizzazioni il pensiero laterale. Una capacità, questa, estremamente utile per affrontare i problemi in modo innovativo e per elaborare soluzioni creative.
Tuttavia, affinché la neurodiversità sia davvero una risorsa, è necessario che venga gestita in modo efficace.
La neurodiversità in numeri
Le neurodiversità più diffuse sono:
- i disordini dello spettro autistico;
- la sindrome da deficit dell’attenzione;
- la dislessia;
- la disgrafia;
- la discalculia;
- la disnomia;
- la sindrome di Tourette.
Condizioni come la dislessia e l’autismo sono associate ad abilità mnemoniche e matematiche; inoltre, i soggetti autistici presentano un Quoziente Intellettivo superiore alla media.
Numerose ricerche hanno dimostrato, infatti, che i team in cui sono presenti persone neurodiverse sono più produttivi e tendono a commettere meno errori. Tuttavia, la neurodiversità continua a essere associata ad elevati livelli di disoccupazione: i disoccupati neurodiversi sono tre volte superiori ai disoccupati con disabilità differenti, e otto volte superiori ai disoccupati senza disabilità.
Perché la neurodiversità è una risorsa per l’azienda
Nelle relazioni interpersonali, così come nello studio con approccio tradizionale, la neurodiversità è spesso considerata un deficit.
Sul lavoro, gli eccezionali talenti che le persone neurodiverse sviluppano sono al contrario una risorsa preziosa: la sindrome da deficit dell’attenzione porta con sé un’elevata capacità di gestione dello stress; l’autismo è generalmente collegato a una memoria infallibile, alla maniacale attenzione ai dettagli e a capacità visuo-spaziali superiori alla media; la dislessia comporta la capacità di comprendere informazioni visive rapidamente e in maniera efficace (un’abilità importantissima in settori quali l’ingegneria, l’astrofisica e la genetica).
Le aziende che lo hanno capito, e che lavorano ogni giorno per creare team eterogenei anche dal punto di vista dei neurotipi, hanno sviluppato un vantaggio competitivo. Ne sono un esempio Microsoft, IBM, Deloitte, JPMorgan Chase.
Microsoft, ad esempio, ha messo a punto il Microsoft Neurodiversity Hiring Program basandosi sulla convinzione che individui neurodivergenti rafforzino il team con il loro pensiero innovativo e le loro soluzioni creative. Il particolare programma di assunzioni mira ad attrarre candidati neurodivergenti di talento, fornendo loro la formazione e il supporto necessari per la crescita professionale e il successo.
Anche IBM ha ideato un programma a supporto della neurodiversità, nato nel 2015 dalla partecipazione di un dipendente alla Giornata mondiale dell’autismo delle Nazioni Unite. Il tentativo di assunzione pilota è avvenuto nel 2017: la sua storia è stata raccontata nel pluripremiato documentario “When Neurodiversity Works”. Oggi IBM è fortemente impegnata nella difesa della neurodiversità e ha nei suoi team numerosi leader neurodivergenti.
Deloitte si concentra da tempo sulla creazione di ambienti di lavoro in cui le persone possano prosperare, senza giudizi e pregiudizi: la strategia di brand globale di inclusione si concentra sui fattori che facilitano il successo lungo l’intera carriera ed è stata raccontata nel documentario “Can you see me?” con protagoniste numerose persone neurodivergenti attualmente impiegate in Deloitte.
Infine, JPMorgan Chase ha introdotto nel 2019 il Business Solutions Team (BeST), che abbina le persone con disabilità intellettive e dello sviluppo (IDD) o altre forme di neurodivergenza a lavori che si adattano alle loro abilità e competenze uniche.
Un report del 2018 di Deloitte dimostra che le compagnie con una cultura inclusiva hanno probabilità sei volte maggiori di essere innovative e agili. Una ricerca di JPMorgan Chase ha ideato un’iniziativa, Autism at Work, che ha diminuito il tasso degli errori e aumentato la produttività del 140%. Non solo: le aziende che hanno attivato un programma di mentoring per i professionisti con disabilità hanno dimostrato un aumento del 16% nei profitti, del 18% nella produttività e del 12% nella fidelizzazione del cliente.
Consigli per un’efficace gestione della neurodiversità in azienda
Costruire un team di lavoro neurodiverso non significa solo assumere candidati che presentano neurodiversità. È necessario, infatti, riconsiderare l’intero processo di assunzione, modificando il concetto di “buon candidato”: molte persone neurodiverse non stringono con forza la mano del loro interlocutore, non lo guardano negli occhi, e hanno bisogno di sentire domande specifiche per mettere in mostra tutte le loro abilità.
Costruire un team neurodiverso è un processo che richiede tempo e pazienza, onboarding aziendale ad hoc, un atteggiamento accogliente e un ambiente confortevole: ad esempio, se si assume una persona autistica bisogna sapere che potrebbe essere infastidita da suoni e rumori, e aver dunque bisogno di cuffie che cancellino il rumore o di postazioni private. La chiave è parlare con il talento neurodiverso, ascoltarlo attivamente e capire come fare per farlo sentire a suo agio, permettendogli di esprimere tutte le sue potenzialità. In questo modo, creando per lui un’esperienza di lavoro positiva, facendolo sentire al sicuro e valorizzandolo, le sue abilità andranno ad essere per l’azienda un fondamentale valore aggiunto. Allo stesso tempo, il team leader deve sensibilizzare i propri collaboratori spiegando loro l’importanza di una forza lavoro neurodiversa.