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Published 29 Luglio 2024 - in Knowledge Center

Trasparenza salariale: la Direttiva Ue per ridurre il gender gap | Wyser

Gender gap: cosa prevede la Direttiva Ue che sostiene la trasparenza retributiva

Il gender pay gap è ancora molto evidente in Europa: nonostante alcuni miglioramenti, le donne restano colpite dal divario di genere in termini di salari, partecipazione alla forza lavoro, occupazione e posizioni gerarchiche.

Secondo l’ultima rilevazione Eurostat, fatta nel 2022, il divario di genere nell’Unione Europea è del 12,7%, con le donne che guadagnano in media 87,3 euro per ogni 100 euro guadagnati dagli uomini. L’Estonia ha registrato il gender pay gap più elevato (21,3%), seguita da Austria (18,4%), Svizzera e Repubblica Ceca (entrambe 17,9%). Il Lussemburgo col suo -0,7% è l’unico Paese in cui le donne guadagnano leggermente di più degli uomini.

In Italia, secondo gli ultimi dati Inps sui dipendenti del settore privato, le donne guadagnano 8.000 euro l’anno in meno rispetto agli uomini: lo stipendio medio di un impiegato è di 26.227 euro, mentre tra le donne scende a 18.305 euro.

Eppure, uno dei principi fondanti dell’Unione Europea è la parità retributiva. E tante sono le iniziative messe in atto in tal senso.

Le iniziative dell’Unione Europea per la parità retributiva

Nel 2019, su richiesta del Consiglio, la Commissione Europea ha cominciato a lavorare a misure concrete per l’annullamento del gender pay gap. Si è arrivati così, nel 2020, alla pubblicazione della Strategia per la parità di genere 2020-2025 – e successivamente – al Piano d’azione 2021-2025 sulla parità di genere e l’emancipazione femminile.

Con l’obiettivo di annullare il gender pay gap, e la sottorappresentazione delle donne nel mercato del lavoro, il 2 agosto 2022 è entrata in vigore la Direttiva europea sul work-life balance. Nell’ottobre dello stesso anno, è stato adottato il testo finale della Direttiva 2022/2041 sui salari minimi adeguati. Le ultime iniziative messe in atto sono la Direttiva UE 2022/2381 per il miglioramento della parità di genere nei consigli di amministrazione delle società e la Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva.

Cosa prevede la Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva

La Direttiva sulla trasparenza retributiva mira a raggiungere la parità di stipendio tra uomini e donne, annullando quel divario dovuto a stereotipi di genere e alla distribuzione ineguale di responsabilità familiare e parentale tra i due sessi. Non solo: la Direttiva interviene sui tre principali ostacoli alla parità salariale e, dunque, sulla mancata trasparenza retributiva, sull’incertezza giuridica in merito al concetto di lavoro di pari valore e sugli ostacoli procedurali che le vittime di discriminazione salariale hanno incontrato.

La Direttiva UE 2023/970 sulla trasparenza retributiva non si riferisce solo alla parità di stipendio, quindi, ma anche a tutte le prestazioni eventuali che si aggiungono ad esso: bonus, indennità per straordinari, indennità di vitto e alloggio, servizi di trasporto, indennità di licenziamento, indennità di malattia, compensazioni per la partecipazione a corsi formativi. Questo, in ragione del fatto che il gender pay gap è spesso causato dalla disparità di trattamento tra uomini e donne in riferimento alle voci “accessorie” dello stipendio.

Secondo quanto fissato dalla direttiva, i datori di lavoro sono obbligati a fornire

alle persone in cerca di lavoro informazioni trasparenti sulla retribuzione, riportandole nell’annuncio di lavoro o comunicandole prima del colloquio. Una volta assunti, i lavoratori e le lavoratrici hanno il diritto di ottenere informazioni sui livelli retributivi medi all’interno dell’azienda, ma anche sui criteri di concessione degli aumenti salariali e degli avanzamenti di carriera. Le imprese devono fornire inoltre all’autorità nazionale competente informazioni in merito al divario retributivo interno: annualmente se hanno più di 250 dipendenti, ogni tre anni se il numero di dipendenti è inferiore. In caso il gender pay gap superasse il 5%, saranno chiamate ad agire in collaborazione coi rappresentanti dei lavoratori per colmare il divario.

Infine, la direttiva fissa il diritto al risarcimento per i lavoratori e le lavoratrici vittime di discriminazione retributiva e ne cambia le modalità. Se un tempo l’onere della prova era in capo al lavoratore, chiamato a dimostrare la discriminazione subita, ora è l’azienda a dover dimostrare di non aver violato le norme UE in materia di parità e trasparenza retributiva.