LINKEDIN

Published 24 Aprile 2025 - in Knowledge Center

Disparità di genere nel lavoro: soluzioni e sfide per un futuro equo | Wyser

Disparità di genere nel lavoro: una sfida ancora aperta

Quando si affronta il tema della disuguaglianza di genere nel lavoro, è fondamentale partire dai dati: solo così è possibile superare barriere culturali ancora profondamente radicate e comprendere che la parità di genere è un vantaggio per tutti, non solo per le donne. Colmare il gender gap potrebbe infatti generare un impatto economico significativo, con un aumento del PIL globale di oltre il 20%, pari a un raddoppio del tasso di crescita nel prossimo decennio[1]. Guardando all’Italia, se il 60% delle donne fosse attivamente occupata, il PIL nazionale crescerebbe di circa il 7%, come sostiene l’economista Azzurra Rinaldi.

Tuttavia, i progressi sono ancora troppo lenti. Secondo il Global Gender Gap Report 2024 del World Economic Forum[2], la parità di genere a livello globale è stata colmata solo al 68,5%, con un miglioramento minimo rispetto all’anno precedente. Proseguendo con questo ritmo, serviranno 134 anni – circa cinque generazioni – per raggiungere una piena uguaglianza. Tra i Paesi più avanzati figurano l’Islanda (93,5%), la Finlandia e la Norvegia (entrambe all’87,5%), mentre l’Italia si colloca all’87° posto su scala globale, con un punteggio del 70,3%, segnando un ulteriore arretramento rispetto agli anni precedenti.

INDICE DEI CONTENUTI

Cos’è la disparità di genere nel lavoro?

Negli ultimi 25 anni, le economie sviluppate hanno registrato un notevole incremento nella partecipazione femminile al mercato del lavoro. Questo cambiamento è stato favorito da diversi fattori, tra cui un migliore accesso all’istruzione per le donne, l’evoluzione delle norme sociali, l’espansione del settore dei servizi e il potenziamento delle politiche a sostegno proprio della parità di genere nel lavoro. Tuttavia, anche nei Paesi membri EU, le donne sono ancora indietro rispetto agli uomini in diversi indicatori, come il reddito medio e la rappresentanza in posizioni dirigenziali. Fanno eccezione Paesi come Danimarca, Finlandia, Islanda, Norvegia e Svezia, diventati noti a livello mondiale per i loro traguardi proprio in materia di parità di genere, traguardi spesso attribuiti al loro solido sistema di welfare e ai diritti riconosciuti alle donne in tema di pianificazione familiare.

La disuguaglianza di genere nel mondo del lavoro si riferisce, nello specifico, a divari e squilibri tra uomini e donne in termini di opportunità e condizioni che portano a una limitata valorizzazione delle professioniste nei luoghi di lavoro. Questa situazione è il risultato di molteplici fattori, che spaziano da scelte individuali e carenze di competenze richieste dal mercato del lavoro (skill mismatch), fino a ostacoli di natura organizzativa (culture aziendali ancora improntate a stereotipi di genere, modelli lavorativi rigidi e con orari prolungati, poco compatibili con la conciliazione tra vita personale e professionale) e socio-istituzionale (forte sbilanciamento dei carichi di cura, carenza di servizi a sostegno della genitorialità, modelli di suddivisione per genere di settori e lavori, che vedono le donne concentrate in comparti a minore remunerazione e con minori possibilità di avanzamento)[3].

Come si manifesta la disuguaglianza di genere nel lavoro

La disparità di genere nel contesto lavorativo si traduce in esperienze quotidiane concrete e in fenomeni misurabili, che incidono sull’occupabilità e sulla carriera delle donne.

Partiamo dai dati che fotografano la situazione in Italia:

  • Tasso di occupazione: in Italia il tasso di occupazione femminile è inferiore di 19,7 punti percentuali rispetto a quello maschile. Solo la Grecia presenta un divario maggiore, mentre in altri Paesi europei, come Lituania e Finlandia, il gap è di appena 1 punto percentuale, a indicare una maggiore parità[4].

  • Gender Pay Gap: il divario retributivo tra donne e uomini varia a seconda dell’inquadramento professionale, arrivando a oscillare da circa 3.000 fino a oltre 14.000 euro in meno all’anno per le donne rispetto ai colleghi uomini[5]. Le donne percepiscono, quindi, una retribuzione oraria inferiore dell’11% rispetto agli uomini, con percentuali che aumentano nei ruoli dirigenziali e con differenze territoriali che variano tra Nord-Ovest e Sud [6].

  • Soffitto di cristallo e ostacoli alla carriera: l’indicatore SDG 5.5.2 dell’Agenda 2030 dell’ONU misura la percentuale di donne nelle posizioni manageriali (senior e medie). Questo indicatore è compreso tra i 17 obiettivi di sviluppo sostenibile e mira a “raggiungere l’uguaglianza di genere e l’autodeterminazione di tutte le donne e ragazze”. I dati mostrano che nel nostro Paese la quota della componente femminile nelle posizioni manageriali è solo del 23% contro il 77% di quella maschile, la più bassa di 35 Paesi europei[7].

  • Ricorso al part-time: nella fascia d’età compresa tra i 25 e i 49 anni, solo il 6,4% degli uomini nell’Unione Europea lavora a tempo parziale, mentre la percentuale sale al 25,5% tra le donne e tra quelle italiane a 32,1%, di cui il 51,7% afferma di vivere una condizione di part-time involontario[8].

  • Discriminazioni sul luogo di lavoro: il 60% delle aziende intervistate da uno studio di Gi Group Holding e Fondazione Gi Group[9] ammette di rivolgere domande diverse a uomini e donne in sede di colloquio. La disparità di genere nel lavoro non si esprime solo in termini economici, ma anche nelle dinamiche quotidiane interne alle aziende e la maternità è ancora oggi il principale ostacolo alla piena manifestazione delle potenzialità di una donna in ambito lavorativo nel nostro Paese.

Le cause principali della disparità di genere nel lavoro

La disuguaglianza di genere nel lavoro in Italia è il risultato di una molteplicità di fattori strutturali, culturali e istituzionali che continuano a penalizzare l’accesso, la permanenza e la progressione delle donne nel mercato del lavoro.

Andando nel dettaglio, tra le cause principali, gli stereotipi di genere svolgono ancora oggi un ruolo cruciale, influenzando sin dalla giovane età le scelte educative e professionali delle ragazze, spingendole verso settori con minori prospettive di carriera. Come rivela lo studio “The origins of the gender pay gap: education and job characteristics” di Banca d’Italia, le donne tendono a laurearsi in discipline che conducono a impieghi meno remunerativi e con minori possibilità di carriera, contribuendo così anche al 60% del gap salariale iniziale tra laureati[10]. Anche la maternità rappresenta un ostacolo significativo: il rapporto INPS 2023 evidenzia che oltre il 70% delle dimissioni volontarie post-nascita riguarda madri lavoratrici, spesso costrette a lasciare il lavoro per mancanza di supporto familiare o aziendale. La genitorialità porta a una serie di cambiamenti nella carriera lavorativa delle donne dopo la nascita di un figlio: il 28% delle intervistate nello studio Le Equilibriste[11] afferma di lasciare il proprio impiego dopo la maternità, il 17% ridimensiona la propria carriera (e il 5% ha visto ridimensionate le proprie mansioni), il 27% è passato al part-time, nel 10% dei casi è avvenuto un licenziamento.

Questo è strettamente correlato alla carenza di servizi di cura, come asili nido e strutture per anziani, che grava in larga parte sulle donne. Il 74% dei carichi familiari è sostenuto da donne, contribuendo alla loro maggiore incidenza nei contratti part-time, che come riportato sopra sono spesso involontari[12]. Non solo: l’ultimo rapporto Asvis sottolinea come l’obiettivo del 33% di copertura degli asili nido entro il 2030, contenuto nel Piano strutturale di bilancio di medio termine 2025-2029, sia ben distante dal traguardo del 45% indicato dall’Unione Europea.

Anche i modelli organizzativi tradizionali hanno portano a differenze di genere sul lavoro. Strutture gerarchiche molto rigide tendono a premiare comportamenti e stili di leadership tipicamente maschili ostacolando l’accesso delle donne a posizioni di vertice e contribuendo a mantenere un forte divario di genere nei livelli manageriali e nel board delle aziende. La scarsa rappresentanza femminile nei ruoli decisionali, inoltre, perpetua la mancanza di politiche realmente efficaci per l’uguaglianza. Nelle aziende quotate, solo il 31,5% dei membri dei Cda è donna, e nei ruoli manageriali il gap retributivo supera il 27%[13]. Una conferma arriva anche dallo studio di Banca d’Italia per cui la persistenza di stereotipi di genere all’interno delle organizzazioni influenza negativamente le decisioni di promozione e formazione, limitando le opportunità di sviluppo professionale per le donne. Le organizzazioni che non adottano politiche attive di inclusione e diversità spesso finiscono per perpetuare un ambiente di lavoro che favorisce, inconsciamente, la carriera maschile. Infine, studi recenti, come il rapporto pubblicato dall’INAPP[14], evidenziano come gli orari di lavoro fissi e non flessibili siano tra i principali fattori che spingono molte donne, soprattutto quelle con responsabilità familiari, verso soluzioni occupazionali part-time o a contratto atipico. La scelta forzata di contratti a tempo ridotto non solo riduce il potenziale di guadagno, ma influisce negativamente anche sullo sviluppo della carriera, contribuendo in maniera determinante alla disuguaglianza di genere nel lavoro.

L’impatto negativo della disparità di genere nel lavoro

La questione delle differenze di genere nel lavoro è spesso trattata come un tema etico o sociale, ma raramente se ne sottolineano con forza gli effetti concreti sul piano economico e organizzativo[15]. Tra le conseguenze negative della disuguaglianza di genere nel lavoro:

  • Riduzione della redditività aziendale: i brand che, invece, investono su politiche di DE&I registrano un incremento dei ricavi del 20,1%[16]. A rilevarlo anche l’indagine realizzata da Cerved Rating Agency: le imprese con una maggiore incidenza di donne nel Cda, superiore al 20%, sono in ogni caso più robuste dal punto di vista economico-finanziario, meno rischiose sotto il profilo creditizio, hanno indicatori di sostenibilità più positivi e un tasso inferiore di infortuni sul lavoro e di contratti a termine.

  • Compromissione della reputazione ESG e penalizzazione dell’accesso a finanziamenti e partnership: uno studio del 2024, pubblicato sull’International Journal of Business and Management[17], ha analizzato 482 aziende italiane del settore utility, evidenziando che una maggiore diversità di genere nei board migliora significativamente le performance nei tre pilastri ESG, con un impatto particolarmente forte sulla governance e sulla trasparenza decisionale;

Limitazione dell’attrazione e la fidelizzazione dei talenti: uno studio di Mercer sottolinea che le organizzazioni che promuovono ambienti di lavoro inclusivi e flessibili sono più efficaci nell’attrarre e trattenere talenti, specialmente tra le nuove generazioni che attribuiscono grande valore all’etica aziendale e alla diversità.      

Strategie efficaci per contrastare la disparità di genere nel lavoro

Per avviare un processo virtuoso di trasformazione capace di superare le disuguaglianze di genere nel lavoro, è necessario costruire un sistema integrato di interventi, strutturato e di lungo periodo. Un approccio che promuova la collaborazione tra istituzioni, imprese e terzo settore, concentrandosi su tre assi fondamentali:

  • Un profondo cambio culturale, capace di scardinare stereotipi e promuovere una reale parità di opportunità;
  • Crescita economica e occupazionale per giovani e donne;
  • Supporto alla genitorialità e politiche efficaci per la conciliazione tra vita privata, familiare e professionale;

Ecco alcune best practice che le aziende possono implementare per superare le differenze di genere sul lavoro:

  • Certificazione UNI/PdR 125:2022, introdotta in Italia, fornisce linee guida per implementare e monitorare politiche di parità di genere, migliorando la trasparenza e l’accountability aziendale. Le aziende che ottengono questa certificazione possono beneficiare di incentivi fiscali e premialità nei bandi pubblici;

  • Analisi e trasparenza sulla parità retributiva: implementare revisioni annuali delle retribuzioni per garantire l’equità salariale tra generi è fondamentale e nel breve periodo sarà anche obbligatorio. Gli Stati membri dell’UE sono tenuti a recepire la direttiva (UE) 2023/970 del maggio 2023 nel proprio ordinamento nazionale entro il 7 giugno 2026. In Italia, il processo di recepimento è in corso – con il coinvolgimento di istituzioni e parti sociali per definire le modalità di attuazione – e include anche la definizione di sanzioni efficaci e dissuasive per le violazioni delle disposizioni sulla parità retributiva.

  • Flessibilità e equità dei congedi parentali: superamento della cultura volta al presenzialismo, offrire opzioni di lavoro flessibile e congedi equamente distribuiti tra uomini e donne favorisce la partecipazione femminile e l’equilibrio tra vita professionale e personale. I paesi nordici, con politiche di congedo parentale condiviso, mostrano tassi più elevati di partecipazione femminile e leadership;

  • Promozione di un cambiamento culturale: attivare percorsi di coaching e interventi mirati per favorire una più equa distribuzione dei carichi di cura, supportando le donne nella crescita professionale. Fondamentale anche l’accompagnamento dei responsabili aziendali in un percorso di trasformazione culturale, volto a sviluppare un mindset inclusivo e consapevole, capace di riconoscere e gestire i bias inconsci;

  • Coinvolgimento degli uomini come alleati: promuovere la parità di genere non è una questione “solo femminile”, è un obiettivo che richiede il coinvolgimento attivo di tutti, inclusi gli uomini. Il cambiamento culturale, infatti, diventa possibile solo se supportato da una leadership condivisa e trasversale[18]. Secondo una ricerca condotta da org e McKinsey nel 2023, solo il 38% degli uomini discute regolarmente di parità di genere sul posto di lavoro, anche se il 70% si dichiara favorevole a un maggiore coinvolgimento[19]. Questo divario tra intenzione e azione dimostra quanto sia fondamentale creare spazi di dialogo e percorsi formativi dedicati anche agli uomini. Inoltre, creare iniziative di allyship programs può fare la differenza nel trasformare la cultura aziendale, raccontando modelli positivi di collaborazione e supporto tra colleghi.

Conclusioni

I dati testimoniano che, in Italia, come in molti altri Paesi, le donne nel mercato del lavoro vivono in una condizione di marginalità; la valorizzazione del loro potenziale è frenata da stereotipi, modelli organizzativi rigidi e da un’insufficiente rete di supporto alle responsabilità familiari.

Eppure, il superamento di queste disparità è un traguardo possibile, misurabile e strategico. Laddove sono state introdotte politiche efficaci e inclusive, i benefici sono stati tangibili sia in termini di crescita economica che di benessere collettivo. Promuovere la parità di genere nel lavoro significa costruire un mercato più dinamico, resiliente e sostenibile, dove le competenze, indipendentemente dal genere, possono emergere, contribuendo alla prosperità di tutti.

Unlock your next move
and keep growing

Fonti

 [1] https://www.worldbank.org/en/news/press-release/2024/03/04/new-data-show-massive-wider-than-expected-global-gender-gap#:~:text=%E2%80%9CYet%2C%20all%20over%20the%20world,have%20slowed%20to%20a%20crawl.

[2] https://www.weforum.org/publications/global-gender-gap-report-2024/.

[3] https://fondazione.gigroup.it/pubblicazioni/donne-lavoro-e-sfide-demografiche/.

[4] https://www.openpolis.it/in-italia-il-divario-di-genere-sul-lavoro-e-doppio-rispetto-al-resto-deuropa/.

[5] https://www.ansa.it/sito/notizie/fisco_lavoro/2025/03/03/il-gender-pay-gap-resiste-per-le-donne-104-in-meno_e008f373-2c7b-4541-8802-9c4198e7b964.html.

[6] https://www.valored.it/news/dati-e-disuguaglianze-la-lunga-strada-verso-la-parita-di-genere-in-italia/.

[7] https://www.ilsole24ore.com/art/donne-e-lavoro-porte-e-tetti-cristallo-che-separano-l-italia-dall-europa-AFeOSmdD.

[8] https://fondazione.gigroup.it/pubblicazioni/donne-lavoro-e-sfide-demografiche/.

[9] https://fondazione.gigroup.it/pubblicazioni/women4-superare-le-disparita-di-genere-per-un-futuro-del-lavoro-sostenibile/.

[10] https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/temi-discussione/2024/2024-1470/index.html?com.dotmarketing.htmlpage.language=1&dotcache=refresh.

[11] https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/le-equilibriste-la-maternita-in-italia-2023.

[12] https://www.savethechildren.it/cosa-facciamo/pubblicazioni/le-equilibriste-la-maternita-italia-nel-2024.

[13] https://romebusinessschool.com/blog/women-and-work-in-italy/.

[14] https://www.inapp.gov.it/pubblicazioni/rapporto/edizioni-pubblicate/rapporto-inapp-2023.

[15] https://professional.dce.harvard.edu/blog/why-gender-equity-in-the-workplace-is-good-for-business/.

[16] https://www.diversitybrandsummit.it/diversity-toolkit/.

[17] https://iris.univpm.it/retrieve/c38df8e8-90a9-4bf7-9542-e922abc69f38/Menicucci_Women-Board-ESG-Performance_2024.pdf?utm_source=chatgpt.com.

[18] https://time.com/6295453/modern-gender-equality-must-include-men/.

[19] https://leanin.org/women-in-the-workplace.