Cos’è il Job Hopping e qual è l’impatto per dipendenti e aziende
In passato, rimanere all’interno di un’azienda solo per un breve periodo di tempo era considerato un segno di instabilità o di slealtà. Negli ultimi anni, tuttavia, la percezione è cambiata: il Job Hopping è sempre più diffuso, specialmente a seguito della pandemia e, soprattutto, tra i Millennials e la Gen Z.
Un cambiamento generazionale
Per le generazioni passate, il contratto di lavoro implicava tacitamente che le aziende premiassero la lealtà dei dipendenti con avanzamenti di carriera e aumenti di stipendio. A partire dagli anni Ottanta i lavoratori hanno cominciato a gestire attivamente la propria carriera, e a spostarsi da un’azienda all’altra per acquisire nuove competenze, per avanzare professionalmente e per trovare nuove opportunità. Si tratta del cosiddetto Job Hopping.
Secondo i dati del Bureau of Labor Statistics, i dipendenti di età inferiore ai 34 anni cambiano lavoro più frequentemente: in media trascorrono 1,3 anni in un posto di lavoro, mentre 4,9 sono gli anni medi trascorsi nella stessa azienda dai dipendenti di età compresa tra i 35 e i 44 anni.
I vantaggi e gli svantaggi del Job Hopping per i lavoratori
Uno dei principali vantaggi del Job Hopping è la possibilità di ottenere uno stipendio più elevato: secondo uno studio condotto da ADP, restando nella stessa azienda si può aspirare a un aumento salariale del 4%, mentre cambiando datore di lavoro l’aumento medio è del 5,3%.
Inoltre il Job Hopping offre alle persone l’opportunità unica di diversificare le loro competenze ed esperienze, il che porta a tre vantaggi:
- vantaggio competitivo: cambiando spesso posto di lavoro, si acquisiscono competenze diversificate, il che amplia le probabilità di essere notati quando si invia un cv o ci si candida per un colloquio;
- adattabilità: acquisire conoscenze in vari settori consente di adattarsi e di avere successo in diversi ambienti di lavoro;
- percorso di carriera: lavorando in ruoli e settori differenti è possibile comprendere meglio le proprie preferenze di carriera, così da delineare un percorso professionale a lungo termine.
Infine, accettare nuove sfide può favorire la crescita personale e sviluppare la resilienza (due qualità molto apprezzate sul lavoro), permette di incontrare nuove persone espandendo la propria rete professionale, e allena la capacità di adattamento.
Tuttavia, il Job Hopping ha anche degli svantaggi. Restare poco tempo all’interno di un’azienda offre solamente un tempo limitato per la crescita e lo sviluppo personale, e impedisce di acquisire competenze approfondite in una particolare area. Inoltre, cambiare frequentemente lavoro può portare a vedere raramente un progetto dall’inizio alla fine, limitando potenzialmente la comprensione dell’esecuzione e dell’impatto a lungo termine dello stesso, e complica la creazione di relazioni professionali profonde e durature. Infine, alcuni datori di lavoro e alcuni Recruiters considerano inaffidabili i lavoratori che fanno Job Hopping, poiché percepiscono una mancanza di impegno e di perseveranza. Per questo motivo, gli esperti consigliano di restare in un luogo di lavoro almeno due o tre anni.
I vantaggi e gli svantaggi del Job Hopping per le aziende
Poiché il Job Hopping consente ai lavoratori di acquisire una varietà di competenze utili, chi ha scelto di praticarlo può essere una risorsa preziosa per le aziende che cercano personale per progetti a breve termine: il loro background è infatti più diversificato e più ampio rispetto a quello di un candidato standard, che ha trascorso molto tempo nella stessa azienda. Infine, i Job Hoppers sono maggiormente propensi ad assumersi rischi: sono flessibili, adattabili e amano le sfide.
Tuttavia, se un candidato passa da un lavoro all’altro ogni pochi mesi, c’è un’alta probabilità che continui a farlo: molte organizzazioni tendono a preferire lavoratori più leali e affidabili, anche per via degli alti costi di recruiting, inserimento e formazione. Secondo un’indagine di CareerBuilder, solamente il 32% delle aziende è propenso ad assumere Job Hoppers. Inoltre, i Job Hoppers possono avere una conoscenza poco approfondita dei vari processi aziendali, possedere conoscenze superficiali e avere un’idea poco chiara dei loro obiettivi personali e professionali.
Guardando alle statistiche, il 21% delle aziende con un numero di dipendenti compreso tra 50 e 99 e tra 250 e 499 prenderebbe in considerazione l’assunzione di un candidato con una storia di Job Hopping (una percentuale simile a quella delle aziende con 20-40 dipendenti). Le più propense ad assumere i Job Hoppers sono le aziende con 500-1000 dipendenti, dove la percentuale sale al 30%.