L’evoluzione del Supply Chain Manager tra tecnologia, sostenibilità e normative
Gestire tutte le attività che riguardano la vita di un prodotto o di un servizio: è questo il compito del Supply Chain Manager. Nel concreto è questo professionista che coordina l’acquisizione dei materiali o delle materie prime, la produzione, il trasporto e la vendita del prodotto o del servizio al cliente, garantendo un flusso continuo di alta qualità al minor costo possibile.
La figura del Supply Chain Manager è più importante che mai nel mercato del lavoro di oggi viste le numerose e complesse sfide che le aziende si trovano ad affrontare quotidianamente: la globalizzazione economica, le mutevoli vicende geopolitiche internazionali, la sempre maggiore attenzione alla sostenibilità e il repentino progresso tecnologico. Per superarle con successo un Supply Chain Manager deve mettere in atto una serie di contromisure per rendere la fornitura di beni e servizi più resiliente e meno soggetta agli shock esterni.
INDICE DEI CONTENUTI
Chi è il Supply Chain Manager e perché è una figura chiave per le aziende
Il Supply Chain Manager (SCM) è il professionista incaricato di gestire e ottimizzare l’intero ciclo di vita di un prodotto o di un servizio, ovvero l’insieme di processi, persone, tecnologie e risorse coinvolte nel percorso necessario per consegnare un prodotto o un servizio al cliente.
Questa figura garantisce che ogni anello della catena – acquisti, produzione, logistica, distribuzione, customer service – funzioni in modo integrato, fluido ed efficiente, mantenendo il giusto equilibrio tra costi, qualità e tempi per l’azienda.
Per intraprendere la carriera di Supply Chain Manager è quasi sempre richiesta una formazione universitaria, in particolare in ambito ingegneristico o economico. Si tratta infatti di una professione che richiede solide basi tecniche e gestionali. È inoltre possibile arricchire successivamente il proprio profilo con certificazioni professionali riconosciute a livello internazionale e rilasciate da associazioni e organizzazioni di settore.
La professione di Supply Chain Manager offre prospettive di crescita tra le più dinamiche all’interno del mondo aziendale. A seconda dell’ambito di specializzazione – che può essere la logistica, gli acquisti o la gestione dei flussi produttivi – è possibile intraprendere diversi percorsi di sviluppo professionale. Con l’esperienza e le giuste competenze, si può arrivare a ricoprire posizioni di vertice come Direttore Operativo (COO) o Chief Product Officer (CPO). In molti casi, queste figure entrano a far parte del board aziendale, partecipando attivamente ai processi decisionali più rilevanti e contribuendo alla definizione della visione e della direzione futura dell’impresa.
Un ruolo sempre più strategico
Negli ultimi anni la pandemia, le guerre, la crisi energetica e la carenza di materie prime hanno reso evidente quanto sia cruciale disporre di supply chain resilienti, intelligenti e flessibili. In questo scenario in continua evoluzione, il Supply Chain Manager ha assunto quindi un ruolo centrale nella definizione delle strategie aziendali, influenzando direttamente le performance operative, finanziarie e ambientali dell’organizzazione.
Non a caso neppure il cosiddetto fenomeno delle Great Resignation è riuscito a intaccare davvero questa professionalità. Il report Supply Chain Salary and Career 2022, redatto dall’Association of Supply Chain Management, coinvolgendo professionisti da Europa, Stati Uniti e Canada, ha messo in luce che nel 2022 solo una percentuale infima, lo 0,5% delle persone che lavorano nel settore ha rassegnato le dimissioni. Inoltre, la ricerca ha evidenziato un’elevata soddisfazione sul lavoro per coloro che ricoprono ruoli all’interno di questo settore [1].
Le sue decisioni influenzano direttamente:
- i costi aziendali: è il Supply Chain Manager che si occupa di gestione delle scorte, di ottimizzazione dei trasporti e dei fornitori;
- la soddisfazione e la fidelizzazione del cliente: supervisiona tempi di consegna, qualità del servizio e gestione dei resi;
- la resilienza e la capacità di risposta ai rischi: è suo compito prevedere come rispondere a eventuali interruzioni della supply chain per via di crisi geopolitiche o di connessa volatilità delle materie prime;
- la sostenibilità ambientale e sociale: con le sue scelte logistiche il Supply Chain Manager può adottare un approccio green e può garantire una tracciabilità di merci e prodotti al fine di raggiungere elevati standard etici;
- l’innovazione e l’adattamento tecnologico: con la sua attività il Supply Chain Manager può favorire l’adozione di pratiche innovative e al passo con l’evoluzione tecnologica.
Cosa fa un Supply Chain Manager: attività e responsabilità principali
Il Supply Chain Manager opera trasversalmente su più livelli dell’organizzazione, interfacciandosi con le diverse aree della produzione, degli acquisti, della logistica, delle vendite, dell’IT, della qualità, della compliance. La sua attività ha un orizzonte sia strategico che operativo.
Tra le attività strategiche di lungo periodo rientrano la pianificazione della supply chain, che permette di allineare le capacità produttive e logistiche ai previsti andamenti di domanda e offerta, la gestione dei fornitori globali, con cui vengono definite strategie resilienti e sostenibili di fornitura delle merci richieste, la progettazione della rete logistica, al fine di individuare dove localizzare magazzini, hub e centri di distribuzione in base alle esigenze dei clienti e ai costi previsti, la gestione del rischio nella supply chain, così da avere “piani b” pronti da essere adottati in caso di crisi, la collaborazione strategica con partner e stakeholder, in modo da partecipare a progetti congiunti e integrare flussi informativi e guidare iniziative tese alla promozione dell’innovazione.
Tra le attività operative del Supply Chain Manager, invece, troviamo la gestione quotidiana dei flussi, attraverso il coordinamento dei flussi di merci e materiali, monitorando tempistiche e costi, il controllo e l’ottimizzazione degli stock, monitorando la disponibilità di scorte, il monitoraggio dei KPI, controllando frequentemente gli indicatori chiave, la gestione dei trasporti, ottimizzando le rotte di spedizione in base a costi, tempi e impatto ambientale, la collaborazione con l’area IT, in modo tale per poter scegliere tempestivamente delle soluzioni ottimali e innovative.
Competenze tecniche e trasversali del Supply Chain Manager
Il ruolo del Supply Chain Manager richiede una combinazione di competenze hard e soft, che devono evolversi in linea con le trasformazioni del settore in modo da rispondere con flessibilità alle impreviste e ricorrenti mutazioni del mercato. Per farlo il Supply Chain Manager deve poter contare su un solido background di competenze e conoscenze: in particolare, per quanto riguarda i modelli SCOR (Supply Chain Operations Reference), i sistemi Just in Time e Lean Management. A ciò si aggiunge un’ottima padronanza di software e tecnologie come nel caso di strumenti ERP, di piattaforme SCM e di sistemi di tracciabilità. Per poter analizzare i flussi di mercato il Supply Chain Manager deve poter contare su strumenti di business intelligence, di analisi predittiva oltre che di strumenti per la valutazione dei processi e per la comprensione delle dinamiche finanziarie lungo la filiera di un prodotto o di un servizio. Le competenze informatiche sono ormai indispensabili, non a caso, tra i principali trend della Supply Chain nel 2023 figurano temi come Big Data e Analytics, Digital Supply Chains, Intelligenza Artificiale, Cybersecurity e Internet of Things (IoT) [2].
Trovandosi a lavorare su mercati diversi, il Supply Manager deve essere a conoscenza anche del quadro regolamentare relativo al commercio: le dogane, gli eventuali standard ambientali e sociali da rispettare.
Per poter svolgere al meglio le sue funzioni, il Supply Chain Manager deve inoltre poter contare su una serie di soft skills per poter coinvolgere il team che lo affianca e poter confrontarsi adeguatamente con le eventuali problematiche che possono emergere dai vari soggetti che popolano la filiera di un prodotto o di un servizio. In questo senso delle ottime capacità comunicative sono particolarmente utili in quanto permettono di interfacciarsi con una pluralità di soggetti: clienti, fornitori, operatori della logistica e della produzione.
Inoltre, capacità di problem solving e la sensibilità nel cogliere e anticipare i cambiamenti del mercato e delle tecnologie sono utili in momenti emergenziali, in cui sono richieste risposte rapide per gestire e favorire, per quanto possibile, una trasformazione organizzativa rapida. Questa predisposizione al cambiamento si sposa con la formazione continua, un requisito sempre più essenziale, soprattutto, per i Supply Chain Manager che quotidianamente si confrontano con le sfide di un mercato in trasformazione.
Transizione digitale, sostenibilità e normativa: come stanno ridefinendo il ruolo del Supply Chain Manager e quali opportunità portano
Negli ultimi anni, il ruolo del Supply Chain Manager ha subito una trasformazione significativa, influenzata in particolare da tre macro-trend fondamentali: la digitalizzazione, la sostenibilità e l’evoluzione del quadro normativo. Questi fattori hanno ampliato le responsabilità della figura, trasformandola in un nodo strategico all’interno dell’azienda, capace di coniugare efficienza operativa, compliance normativa e sostenibilità ambientale e sociale.
La transizione digitale e l’impatto sulle competenze
La digitalizzazione delle catene di approvvigionamento ha introdotto strumenti e tecnologie avanzate che rendono il lavoro del Supply Chain Manager più strategico ma anche più complesso. Tecnologie come Intelligenza Artificiale, Big Data, IoT e blockchain consentono di ottimizzare i flussi logistici, prevedere scenari di domanda e offerta e monitorare in tempo reale la filiera produttiva. In particolare, McKinsey evidenzia che la digitalizzazione delle operazioni può ridurre i costi operativi fino al 30%, diminuire le vendite perse fino al 75% e ridurre le scorte fino al 75%, contribuendo così a una maggiore efficienza e resilienza della catena di approvvigionamento [3].
Per il Supply Chain Manager ciò significa dover possedere competenze digitali, come l’uso di piattaforme cloud e l’analisi avanzata dei dati, per gestire le supply chain moderne e per affrontare le sfide della trasformazione digitale.
La transizione sostenibile come driver di valore
La sostenibilità non è più un optional: aziende e istituzioni richiedono trasparenza e responsabilità lungo tutta la catena di approvvigionamento. La Banca Mondiale [4] sottolinea che il Supply Chain Manager ha un ruolo chiave nel monitorare rischi ambientali e sociali nascosti all’interno della filiera, contribuendo direttamente al raggiungimento degli obiettivi ESG aziendali. Ciò significa individuare criticità ambientali e sociali e tradurle in indicatori misurabili, integrandoli nei contratti con fornitori e partner.
Le opportunità per i Supply Chain Manager derivano dalla possibilità di guidare progetti di sostenibilità, migliorare l’efficienza energetica, ridurre gli sprechi e rendere l’intera filiera più resiliente. La sostenibilità diventa così un fattore competitivo e un ambito di leadership.
Il quadro normativo e i suoi effetti sul ruolo
Progressivamente il quadro normativo si sta arricchendo con norme che influenzano direttamente la Supply Chain, tra le novità più rilevanti:
- CSRD (Corporate Sustainability Reporting Directive): richiede alle aziende di rendicontare in modo dettagliato impatti ambientali, sociali e di governance lungo l’intera filiera. L’obiettivo è fornire dati confrontabili e affidabili agli investitori, ai clienti e agli stakeholder[5].
- CSDDD (Corporate Sustainability Due Diligence Directive): impone responsabilità legali sulle violazioni dei diritti umani e ambientali lungo la filiera. Nonostante l’entrata in vigore sia stata posticipata al 2028 per alcune categorie di aziende, il Supply Chain Manager deve iniziare a organizzare processi e sistemi di monitoraggio conformi[6].
- Regolamenti di tracciabilità e etichettature ambientali: obbligano a garantire la trasparenza dei prodotti e delle materie prime, evidenziando consumi energetici, emissioni di CO₂, impatto sociale e rispetto dei diritti dei lavoratori.
Per il Supply Chain Manager si apre un mondo di possibilità che, a partire dalla conoscenza delle norme da applicare nel singolo contesto nazionale della propria filiera produttiva, possono aprire una serie di opportunità per rendere il ciclo produttivo di un’azienda sostenibile e compatibile con le nuove normative.
Conclusioni
Il Supply Chain Manager è oggi un pilastro strategico dell’impresa, capace di coniugare efficienza, resilienza, sostenibilità e innovazione. La sua azione impatta direttamente, infatti, su elementi essenziali del successo aziendale: costi, servizio al cliente, sostenibilità, capacità di adattamento al cambiamento.
In un’epoca in cui i confini aziendali si estendono lungo catene del valore globali e interconnesse, il Supply Manager diventa il regista invisibile della performance di un’azienda, responsabile di un equilibrio delicato tra rischio, efficienza e valore.
Le aziende che investono in questa figura, nella sua formazione continua e nella digitalizzazione dei processi che supervisiona, si dotano di un vantaggio competitivo concreto e duraturo, capace di trasformare le crisi in opportunità e le complessità in innovazione.