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Published 14 Maggio 2025 - in Knowledge Center

Gestione conflitti sul lavoro: strategie efficaci | Wyser

Gestione del conflitto sul lavoro: strumenti e strategie per manager

In ogni contesto organizzativo, il conflitto rappresenta un aspetto intrinseco delle relazioni professionali, che nasce dall’interazione tra persone con ruoli, obiettivi e visioni diverse. Lungi dall’essere un elemento esclusivamente disfunzionale, il conflitto può rivelarsi una leva strategica per promuovere innovazione, coesione e sviluppo organizzativo, a condizione che venga gestito in modo strutturato e consapevole. Per manager e figure apicali, sempre più chiamati a operare in contesti aziendali eterogenei, segnati da una crescente diversità culturale e generazionale, adottare un approccio proattivo alla gestione dei conflitti aziendali significa preservare il benessere delle persone e garantire la continuità operativa, l’efficacia decisionale e la resilienza aziendale.

INDICE DEI CONTENUTI

Perché è importante la gestione del conflitto in azienda

Sebbene il concetto di conflitto in ambito lavorativo sia ampiamente riconosciuto – uno scontro tra individui o gruppi che può emergere da divergenze su obiettivi, metodi, risorse, valori o semplici differenze caratteriali – meno immediato è distinguere tra un conflitto funzionale e uno disfunzionale.

Per chi ricopre ruoli manageriali, questa distinzione è fondamentale per poter attuare la giusta strategia. Il conflitto funzionale, o costruttivo, infatti, può diventare un potente motore di crescita: stimola il pensiero critico, mette in discussione lo status quo e può portare a soluzioni innovative e cambiamenti positivi. Al contrario, il conflitto disfunzionale, o distruttivo, compromette la produttività, mina il morale del team e genera dinamiche divisive che si ripercuotono negativamente sul clima organizzativo.

A conferma di quanto sia determinante una gestione efficace del conflitto, i dati raccolti dal Workplace Peace Institute[1] offrono uno scenario chiaro: l’88% dei partecipanti all’indagine ha segnalato un significativo calo del morale tra i lavoratori coinvolti nei conflitti. Ma l’impatto non si limita al benessere individuale: il 23% delle persone ha scelto di lasciare il proprio impiego a causa di conflitti irrisolti, mentre il 18% ha assistito al fallimento di progetti direttamente riconducibili a tali tensioni.

Se gestiti da una leadership consapevole, questi conflitti possono generare invece benefici tangibili per l’organizzazione:

  • Accelerano l’innovazione – il confronto aperto tra punti di vista differenti stimola soluzioni fuori dagli schemi e migliora la qualità decisionale.
  • Ottimizzano la comunicazione – affrontare i conflitti aziendali in modo costruttivo promuove una comunicazione aperta e trasparente tra i membri del team, riducendo malintesi, favorendo una migliore collaborazione e creando un dialogo più fluido tra livelli gerarchici e funzioni.
  • Potenziano la resilienza organizzativa – team abituati a gestire tensioni funzionali sono più agili nell’adattarsi ai cambiamenti.
  • Sviluppano la leadership diffusa – affrontare conflitti in modo efficace favorisce l’emergere di leader situazionali, capaci di guidare con empatia e competenza relazionale.
  • Rafforzano l’engagement e il commitment – il riconoscimento e la valorizzazione delle divergenze aumentano il senso di appartenenza e l’allineamento valoriale tra persone e organizzazione.
  • Rendono visibili le fragilità sistemiche – i conflitti lavorativi portano alla luce inefficienze, ambiguità nei ruoli o mancanze strategiche, permettendo interventi correttivi mirati.

Emerge quindi che le organizzazioni più performanti non sono quelle in cui i manager evitano i conflitti sul posto di lavoro, ma quelle in cui i conflitti vengono compresi e gestiti in modo costruttivo per trasformarli in opportunità di crescita e miglioramento.

Cause e tipologie dei conflitti sul lavoro

Come detto in fase introduttiva, in ogni organizzazione, grande o piccola che sia, dove esistono persone con background, esperienze e obiettivi diversi, è fisiologico che emergano divergenze. Entrando più nel merito, alcuni fattori possono amplificare la probabilità che si generino conflitti in ambito lavorativo. Comprenderli in profondità è essenziale per agire in modo preventivo e strategico. Tra le principali cause troviamo:

  • Stili comunicativi inefficaci o disallineati – ambiguità nei messaggi, scarsa trasparenza nelle decisioni e mancanza di ascolto attivo compromettono la fiducia e la coesione.
  • Incompatibilità di personalità e nei modelli di lavoro – team composti da individui con caratteri o approcci fortemente divergenti rischiano di sviluppare incomprensioni ricorrenti, se non gestiti con consapevolezza.
  • Ambiguità nei ruoli e nelle responsabilità – sovrapposizioni di responsabilità, mancanza di ownership o confini poco chiari alimentano confusione e possono causare rallentamenti nelle attività.
  • Differenze valoriali, culturali o generazionali – il disallineamento su priorità, obiettivi, linguaggi o interpretazioni può generare frizioni tra individui o team, soprattutto in contesti eterogenei o multiculturali.
  • Competizione per risorse limitate – budget, persone e tempo sono risorse finite; l’assenza di criteri chiari nella loro distribuzione può alimentare rivalità e logiche difensive.
  • Sovraccarico e pressione lavorativa – elevati livelli di stress abbassano la soglia di tolleranza individuale, amplificando la percezione negativa di comportamenti o feedback altrui.

Sempre l’indagine condotta dal Workplace Peace Institute[1] conferma queste tendenze: il 73% degli intervistati ha indicato la mancanza di fiducia come causa primaria di conflitti; il 72% ha segnalato conflitti di personalità, il 70% ha evidenziato l’ambiguità nei ruoli. Tra gli altri fattori emersi con frequenza vi sono lo stress lavorativo, il carico di lavoro eccessivo, l’abuso di potere.

Oltre a comprendere i fattori che favoriscono l’insorgere dei conflitti, è altrettanto cruciale saperne riconoscere la natura. Non tutti i conflitti sono uguali, né richiedono lo stesso approccio gestionale: la capacità di distinguere con precisione tra le diverse tipologie permette di calibrare l’intervento, evitando soluzioni superficiali o inefficaci. Le principali forme di conflitto in ambito aziendale, legate necessariamente alle cause di cui sopra, includono:

  • Conflitti relazionali, che derivano da tensioni personali, differenze di carattere o difficoltà interpersonali;
  • Conflitti di contenuto, legati a divergenze su idee, decisioni operative o obiettivi strategici;
  • Conflitti di processo, che emergono da disaccordi sulle modalità, i tempi o le responsabilità nell’esecuzione delle attività;
  • Conflitti strutturali, radicati in assetti organizzativi confusi, ruoli sovrapposti o dinamiche gerarchiche poco funzionali;
  • Conflitti di valori, spesso i più profondi e complessi da gestire, in quanto toccano convinzioni personali e principi etici.

Come gestire i conflitti sul lavoro in modo efficace?

Prevenire i conflitti: cultura aziendale sana e comunicazione aperta

I conflitti sul lavoro non si risolvono con l’eliminazione del dissenso, ma con la costruzione intenzionale di una cultura aziendale sana. Secondo un articolo su LinkedIn[2], i segnali distintivi di una cultura aziendale sana includono:

  1. Allineamento con la visione e la missione – tutti i membri dell’organizzazione comprendono e condividono la direzione strategica dell’azienda, sentendosi parte integrante del suo scopo e dei suoi valori.
  2. Fiducia e collaborazione – un ambiente in cui la fiducia reciproca è la norma facilita la collaborazione efficace tra team e dipartimenti.
  3. Diversità e inclusione – la cultura promuove attivamente la diversità e l’inclusione, valorizzando le differenze e garantendo equità e rispetto per tutti.
  4. Apprendimento e innovazione – l’organizzazione incoraggia l’apprendimento continuo e l’innovazione, permettendo alle persone di crescere e contribuire con nuove idee.
  5. Responsabilità e feedback – le persone sono responsabilizzate per il loro lavoro e ricevono feedback costruttivi, favorendo il miglioramento continuo.
  6. Benessere personale – l’azienda si prende cura del benessere delle persone, creando un ambiente di lavoro positivo che contribuisce alla soddisfazione generale.

Una leadership efficace non si limita a promuovere questi comportamenti: li pratica quotidianamente. Il top management ha il compito – e la responsabilità – di essere il primo esempio visibile dei valori che desidera vedere diffusi nell’organizzazione.

Oggi, c’è un ulteriore aspetto che va tenuto necessariamente in considerazione, i manager si trovano a guidare team sempre più distribuiti e ibridi, un’evoluzione che ha portato enormi vantaggi in termini di flessibilità, ma che introduce anche nuove complessità nella gestione delle dinamiche relazionali. Senza la possibilità di cogliere espressioni, toni o segnali non verbali, il rischio di fraintendimenti cresce. Diventa essenziale ripensare il proprio stile di leadership: scegliere con attenzione quando è opportuno spostare una conversazione delicata da un messaggio scritto a un confronto diretto, anche solo in video; creare momenti strutturati di confronto e allineamento; rendere visibili orari, disponibilità e obiettivi per evitare incomprensioni.

Gestire i conflitti: un nuovo mindset manageriale

In molte organizzazioni, il conflitto sul lavoro viene ancora percepito come qualcosa da contenere, neutralizzare, risolvere. Ma, come già emerso nei precedenti paragrafi, i team efficaci non si fondano sull’assenza di conflitto, bensì sulla capacità di attraversarlo in modo costruttivo.

Per i manager, questo significa un cambio di paradigma. Non si tratta solo di “gestire il conflitto”, ma di creare le condizioni in cui possa generare apprendimento e senso condiviso. Ecco alcune best practice attuabili quotidianamente suggerite da un articolo di McKinsey[3]:

  1. Chiedi il dissenso, esplicitamente

Molti team evitano il confronto perché temono ripercussioni o il giudizio dei responsabili. Per far emergere davvero i punti di vista divergenti, il manager deve attivamente legittimare il dissenso. Può includere in ogni riunione una domanda come “C’è qualcuno che vede le cose in modo diverso?” e ringraziare apertamente chi solleva una critica o un dubbio.

  1. Allenati a riformulare ciò che ascolti

Spesso i conflitti aziendali degenerano perché ci si fraintende. È importante mostrare che si ha davvero capito, restituendo all’altro il suo punto di vista in modo chiaro e neutro. Quando qualcuno esprime un’opinione difficile e buona prassi evitare di replicare subito o difendersi, ma comprendere a fondo il problema prima di dichiararsi contrario. Questo aiuta a disinnescare la tensione e fa sentire l’altro ascoltato e riconosciuto, anche quando si resta su posizioni diverse.

  1. Dai spazio a chi parla meno

Nel conflitto è necessario ascoltare anche chi tende a ritirarsi o a non esporsi. Un bravo manager non solo modera, ma fa emergere tutte le voci, rivolgendo domande, osservando chi interviene sempre e chi mai per riequilibrare attivamente gli spazi di parola e offrendo anche momenti one to one per chi preferisce non esporsi alla presenza dall’intero team. In questo modo l’ambito lavorativo diventa inclusivo.

  1. Crea regole chiare per i momenti di confronto

Non si può improvvisare la gestione dei conflitti nei gruppi di lavoro. Serve una cornice esplicita, che aiuti le persone a sentirsi sicure e ad esprimersi in modo rispettoso e costruttivo. Quando la situazione è particolarmente tesa o complessa, la gestione del conflitto deve diventare ancora più intenzionale e strutturata. In questi casi, è utile che il manager assuma un ruolo di facilitatore, definendo alcune regole di base per la conversazione: chi parla, per quanto tempo, con quale ordine. Questo non serve a limitare il confronto, ma a creare uno spazio sicuro e ordinato in cui tutti possano esprimersi senza essere interrotti o sopraffatti. Il manager può aiutare il gruppo a rallentare, a fermarsi dopo ogni intervento per riflettere su ciò che è stato detto, riformulare i punti chiave, fare domande che aiutino a chiarire.

Ruolo della leadership nella gestione del conflitto sul lavoro

A conferma di quanto detto finora, tra le competenze manageriali più richieste, oggi più che mai, vi è la capacità di guidare team eterogenei e complessi, affrontando tensioni e divergenze. Gestire i conflitti, secondo Gartner[4], è una responsabilità imprescindibile, riconosciuta dal 57% dei manager come parte centrale del proprio ruolo. Tuttavia, queste skill non sono innate per tutti, né facilmente acquisibili senza una formazione mirata.

Secondo un report di DDI[5], solo il 12% dei manager dimostra un’elevata competenza nella gestione dei conflitti, mentre quasi la metà (49%) non possiede efficaci capacità in tal senso. Ancora più rilevante è il fatto che solo il 30% dei manager si dichiara fiducioso nella propria capacità di affrontare situazioni conflittuali, segnalando un chiaro bisogno di sviluppo.

Le difficoltà emergono su più fronti: il 61% fatica a chiarire le questioni fondamentali, spesso presupponendo motivazioni o dinamiche senza aver approfondito. Questo approccio può generare incomprensioni e irrigidire le relazioni interne. Il 65% incontra ostacoli nel fornire supporto e risorse adeguati al proprio team. Inoltre, il 60% non riesce a responsabilizzare i collaboratori nel processo di risoluzione, perdendo così un’opportunità cruciale per rafforzare la collaborazione.

Investire nella formazione di specifiche competenze per la gestione del conflitto sul lavoro non solo rafforza la leadership individuale, ma crea le condizioni per un clima organizzativo più sano.

Skill per una gestione del conflitto sul lavoro efficace: quali sono le più richieste?

Per gestire efficacemente i conflitti sul lavoro, un manager deve sviluppare un set di competenze chiave che vanno oltre le abilità tecniche[6]:

  • Intelligenza emotiva – capacità di riconoscere, comprendere e gestire le proprie emozioni e quelle altrui. Un manager consapevole è in grado di mantenere lucidità e autorevolezza anche sotto pressione e proteggere la cultura del team e il benessere dei singoli membri rispettando il loro stato d’animo.
  • Ascolto attivo – saper ascoltare in profondità, senza interrompere, giudicare o proiettare soluzioni immediate significa creare un contesto in cui le persone si sentono viste e comprese. Attraverso le domande di chiarimento e l’attenzione al non verbale, il manager può promuovere l’engagement, ridurre le distorsioni comunicative e rafforzare l’allineamento interno.
  • Empatia – competenza relazionale per comprendere il contesto emotivo e motivazionale dell’altro, leggere tra le righe, decifrare tensioni nascoste. In situazioni di conflitto, l’empatia consente al manager di interpretare correttamente i bisogni in gioco, spesso non espressi esplicitamente, e di adattare il proprio stile comunicativo.
    Un leader empatico non prende posizione troppo in fretta, ma media tra le esigenze, mantenendo un approccio equo e inclusivo e costruendo un clima psicologicamente sicuro.
  • Comunicazione chiara e rispettosa – capacità di esprimere messaggi anche critici in modo diretto ma costruttivo, tenendo insieme trasparenza e rispetto. Significa saper “nominare il problema” senza colpevolizzare, fare richieste precise, dichiarare aspettative e lasciare spazio al confronto. Quando la comunicazione è chiara, accelera i processi decisionali e promuove l’accountability.
  • Facilitazione della risoluzione collaborativa dei problemi – capacità di facilitare processi partecipativi in cui il team può co-creare soluzioni attraverso un ascolto sistemico (ovvero l’abilità di cogliere e riformulare sinteticamente i punti essenziali) e una visione win-win. È un passaggio fondamentale per passare da una logica di “contrasto” a una logica di “costruzione”.
  • Feedback costruttivo e orientato al miglioramento – un feedback ben costruito, tempestivo, basato sui fatti, focalizzato sul comportamento e orientato al futuro, consente alle persone di crescere e migliorarsi senza sentirsi attaccate. Allo stesso tempo, il manager che sa accogliere feedback dimostra umiltà e apertura, due qualità chiave per favorire un ambiente di confronto sano.

Skill per una gestione del conflitto sul lavoro efficace: come svilupparle?

Per sviluppare in modo efficace le competenze chiave nella gestione dei conflitti nei gruppi di lavoro, i manager devono adottare un approccio intenzionale, strutturato e continuo. Di seguito, alcune azioni che possono intraprendere per potenziare queste skill:

  • Formazione verticale su temi come intelligenza emotiva, comunicazione non violenta, tecniche di negoziazione e mediazione.
  • Executive coaching per lavorare su stili comunicativi e gestione delle dinamiche di potere in ambienti ad alta complessità.
  • Simulazioni e role-play che mettono il manager in condizioni protette ma realistiche, allenando la capacità di leggere e gestire situazioni conflittuali ad alta tensione.
  • Laboratori di conversazioni difficili per esercitarsi nel fornire feedback, gestire divergenze o mediare tensioni.
  • Integrare KPI relazionali nei sistemi di valutazione manageriale (es. qualità delle conversazioni, clima del team, engagement).

Conclusioni

In conclusione, la gestione del conflitto sul lavoro non è un compito da evitare, ma una competenza strategica da coltivare con consapevolezza, formazione e intenzionalità. I manager che sviluppano la capacità di leggere le dinamiche relazionali, facilitare il dialogo e trasformare il dissenso in apprendimento collettivo non solo migliorano il clima del team, ma contribuiscono attivamente alla resilienza e alla competitività dell’organizzazione. In un contesto lavorativo sempre più complesso e interconnesso, saper gestire il conflitto significa guidare con lucidità, empatia e responsabilità, ponendo le basi per una cultura aziendale più inclusiva, collaborativa e orientata al miglioramento continuo.

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