Le nuove sfide del Management aziendale
Viviamo in un’epoca attraversata da una pluralità di transizioni profonde: energetica, digitale, demografica, climatica, culturale. Ogni ambito della nostra vita è coinvolto in un processo di mutamento rapido e profondo, e il mondo del lavoro, e in particolare la governance aziendale, non fa eccezione.
Secondo l’OECD [1], il contesto economico globale è oggi segnato da una nuova instabilità sistemica fatta di volatilità geopolitica, innovazione tecnologica accelerata e trasformazioni profonde nel mondo del lavoro e nella leadership. In parallelo, l’International Labour Organization (ILO) sottolinea che i cicli professionali si stanno accorciando e che la domanda di competenze si sta spostando verso skill ibride, dove capacità tecniche e relazionali si fondono [2].
In questo scenario, il Management aziendale non può più essere concepito come mera attività esecutiva o tecnico-gestionale. Deve evolversi verso una funzione capace di leggere la complessità e saper interpretare i fenomeni di mercato.
Come mostra il report Future of Jobs 2023 del World Economic Forum, oltre il 50% delle aziende prevede di cambiare significativamente i propri modelli organizzativi entro i prossimi cinque anni, proprio per far fronte alle discontinuità emergenti. In altre parole, il cambiamento non è più un’eccezione da gestire, ma una condizione strutturale del fare impresa [3].
INDICE DEI CONTENUTI
Cos’è il Management aziendale: quando nasce e come sta evolvendo
Il modello classico di management nasce tra fine Ottocento e primi del Novecento, in risposta alla necessità di razionalizzare la produzione industriale. Il taylorismo – fondato sulla divisione scientifica del lavoro – e in seguito l’impostazione della Scuola americana, hanno codificato una forma di direzione basata su controlli, processi e gerarchie stabili. La cultura manageriale si è evoluta attorno a obiettivi misurabili, pianificazione strategica e una logica di causa-effetto che presume stabilità e prevedibilità.
Questo approccio, centrato sui KPI e sulla gestione ottimale delle risorse, ha avuto grande efficacia in un’epoca di crescita lineare e mercati relativamente stabili. Tuttavia, già dalla fine del XX secolo, con la globalizzazione, l’ipercompetizione e l’accelerazione tecnologica, si sono iniziati a manifestare i limiti di questo paradigma.
Oggi viviamo in un contesto definito dall’acronimo VUCA – Volatility, Uncertainty, Complexity, Ambiguity – che richiede una risposta radicalmente diversa. Secondo uno studio di McKinsey del 2023, il 70% dei CEO ritiene che i modelli manageriali tradizionali non siano più adeguati a gestire le nuove complessità aziendali [4]. Di fronte a questo scenario, emerge anche la necessità di nuove skill: il World Economic Forum evidenzia che tra le competenze più richieste al 2025 vi sono il pensiero sistemico, la tolleranza all’ambiguità e la capacità di apprendimento continuo [3]. A questo si aggiunge la necessità di un nuovo tipo di leadership, più aperta, empatica e trasformativa.
In altre parole, oggi il compito centrale del manager d’azienda non è più solo prevedere per controllare, ma comprendere per adattarsi, facilitare processi decisionali flessibili, costruire organizzazioni che sappiano apprendere ed evolvere.
Le caratteristiche del Management aziendale moderno
Abbiamo visto come l’evoluzione del contesto si traduce in una necessaria evoluzione del Management aziendale. Andiamo ora ad analizzarne più nel dettaglio le caratteristiche, le implicazioni per la leadership e le competenze manageriali necessarie.
Ascolto e intelligenza relazionale: il manager come mediatore tra senso e direzione
Il manager del XXI secolo è colui che costruisce significato insieme al team attraverso ascolto attivo ed empatia. Un’indagine di McKinsey rivela che una leadership incentrata su dialogo aperto e sponsorship aumenta il senso di inclusività del 64% tra i team. Inoltre, persone guidate da manager dotati di intelligenza emotiva risolvono i conflitti fino al 37% più rapidamente e riducono le controversie del 29%. Il manager assume quindi un ruolo di coordinamento e supporto, aiutando il team a orientarsi e prendere decisioni condivise, anziché agire da solo in modo autoritario [5].
Leadership distribuita: far crescere le competenze decisionali a ogni livello
La leadership non è più appannaggio esclusivo dei vertici aziendali: oggi è un’attività che deve essere distribuita e condivisa. Secondo un report di Deloitte, le organizzazioni più efficaci sono quelle che adottano strutture trasparenti, incoraggiano il lavoro tra team eterogenei e decentralizzano le decisioni operative [6]. McKinsey conferma che i manager contemporanei si trovano a gestire il doppio delle priorità rispetto a dieci anni fa, rendendo insostenibile un controllo centralizzato e che per questo motivo molte aziende stanno puntando su modelli di leadership diffusa, creando sistemi strutturati per far crescere competenze decisionali a tutti i livelli [7].
Gestione della complessità: come passare da controllo a orchestrazione
In un contesto VUCA, il manager non pianifica ogni mossa, ma processi flessibili adattivi, aprendosi all’improvvisazione e all’apprendimento iterativo. McKinsey sottolinea che nei contesti organizzativi più efficaci non viene definito ogni dettaglio in anticipo, ma viene adottato un approccio caratterizzato da feedback continui e modelli decisionali flessibili, in cui il ruolo del top management è più vicino a quello di un coach che a quello di un leader autoritario. Questo metodo permette di abbandonare tempestivamente ciò che non funziona e di far crescere rapidamente ciò che genera valore [7].
Metriche evolute: non solo produttività, ma anche impatto, apprendimento, capacità adattiva
Il successo aziendale non si misura più solo in numeri o velocità di produzione, ma sull’efficacia complessiva: impatto, benessere, apprendimento e adattamento. Secondo Deloitte, il 76% delle organizzazioni ritiene che migliorare la situazione di benessere delle persone in azienda, sia personalmente che professionalmente, sia cruciale per il successo. Tuttavia, solo una minoranza integra dati sull’esperienza umana nei sistemi decisionali. Eppure, le evidenze sono chiare: team che lavorano in contesti di psychological safety, dove è possibile parlare apertamente, sbagliare senza timore e proporre idee senza conseguenze negative, sono più innovativi, resilienti e veloci nell’adattarsi al cambiamento [6].
Il gender gap nel Management aziendale
Nonostante i progressi compiuti nell’ultimo decennio, il gender gap nel Management aziendale resta una delle disuguaglianze più persistenti. Secondo il report Women in the Workplace 2024 di McKinsey & LeanIn.org, oggi le donne occupano circa il 29 % dei ruoli in posizioni C‑suite a livello globale, rispetto al 17 % nel 2015. Una crescita insufficiente verso la parità, soprattutto se si pensa che questa percentuale si riduce drasticamente nei settori STEM e nelle posizioni apicali delle grandi multinazionali [8].
Il divario non è solo numerico ma anche qualitativo: le donne manager tendono a ricevere meno mentoring, meno visibilità nei progetti strategici e affrontano maggiori ostacoli nella transizione da ruoli middle a senior. Inoltre, il fenomeno del cosiddetto soffitto di cristallo continua a limitare l’accesso delle donne ai vertici aziendali, spesso a causa di bias impliciti, dinamiche di potere consolidate e culture organizzative poco inclusive.
Il cambiamento, se pur lento, è in atto. La Direttiva UE 2022/2381 sulla rappresentanza di genere nei board delle aziende quotate stabilisce che almeno il 40% dei membri dei Consigli di amministrazione debba essere composto dal sesso sottorappresentato entro il 2026. In Italia, la Legge Golfo-Mosca ha già dato risultati importanti nel promuovere la parità di genere nei board delle società quotate.
Oltre alle normative e ad un senso morale, vi è anche il driver strategico. L’Equileap Gender Equality Global Report 2024 mostra che le aziende con un forte commitment verso l’equità di genere tendono ad avere migliori performance finanziarie, maggiore capacità di attrarre figure professionali valide e una reputazione più solida [9]. E ancora, un report di McKinsey evidenzia come le aziende con maggiore diversità di genere nei team esecutivi hanno il 25% di probabilità in più di ottenere profitti superiori alla media del proprio settore [5].
Inoltre, molte aziende stanno ridefinendo i propri modelli di leadership in chiave più inclusiva, riconoscendo il valore delle competenze tipicamente associate alla leadership femminile: empatia, ascolto, capacità relazionale e pensiero sistemico. Secondo uno studio di Harvard Business Review, le donne superano gli uomini in 17 delle 19 competenze chiave di leadership, tra cui ispirare e motivare gli altri, integrità e costruzione di relazioni collaborative [10].
Il futuro del management, quindi, passa anche dall’inclusione: saper valorizzare prospettive diverse, decostruire i bias invisibili e ripensare i percorsi di carriera in chiave più equa e sostenibile.
Casi e modelli emergenti
L’evoluzione del contesto si riflette direttamente su quella del management. Accanto alle caratteristiche già descritte, stanno emergendo nuovi veri e propri modelli organizzativi che sostituiscono approcci ormai superati, non più adeguati a gestire la complessità e la volatilità del mercato attuale.
Organizzazioni adattive
Le organizzazioni adattive rappresentano un modello gestionale che supera le strutture rigide e gerarchiche tradizionali, abbracciando invece la complessità e l’incertezza come condizioni ordinarie. Gli studi di Frederic Laloux, Henry Mintzberg e Gary Hamel [11] offrono una solida base teorica per comprendere questo cambiamento di paradigma.
Laloux, nel suo celebre libro Reinventing Organizations, descrive le cosiddette “organizzazioni teal” – sistemi autogestiti, basati sulla fiducia e sulla trasparenza, in cui il potere non è più concentrato ma distribuito. Mintzberg, con il suo modello delle strutture organizzative, evidenzia l’importanza delle configurazioni flessibili e adattive, dove la leadership non è solo un ruolo ma un processo condiviso. Mentre, Gary Hamel enfatizza la centralità dell’innovazione e dell’autonomia nella costruzione di un’organizzazione resiliente e capace di apprendere.
Management rigenerativo
Le più recenti ricerche di Harvard Business Review e Boston Consulting Group (BCG) sottolineano un’evoluzione del ruolo dell’impresa verso una dimensione più ampia e responsabile, dove il business non è solo generatore di profitto, ma anche un attore sociale con capacità rigenerative.
Il management rigenerativo va oltre la sostenibilità: mira a rigenerare risorse naturali, sociali ed economiche, creando valore condiviso per tutti gli stakeholder e per il pianeta. Secondo BCG, le aziende che adottano questa prospettiva ottengono performance superiori nel medio-lungo termine, grazie a una maggiore reputazione, fedeltà del cliente e attrazione di professionisti motivati [12]. L’impresa diventa così un catalizzatore di innovazioni sociali, ambientali e culturali.
Leadership post-eroica
Un ulteriore sviluppo riguarda il concetto di leadership, che si sposta da un modello eroico, centrato su un capo solitario e decisionista, verso una leadership più distribuita, collaborativa e facilitante.
La leadership post-eroica interpreta il ruolo del capo come facilitatore di processi, promotore di inclusione e creatore di condizioni affinché i team esprimano al meglio il proprio potenziale. Questo modello valorizza la fiducia, l’empowerment e la condivisione della responsabilità, rompendo con la figura tradizionale del leader autoritario.
I manager post-eroici ascoltano attivamente, sanno modulare la propria presenza in base ai bisogni del team e creano ambienti di lavoro in cui la diversità e il confronto sono risorse [13].
In conclusione, i modelli emergenti nel Management aziendale, in cui trovano spazio le caratteristiche viste nel paragrafo precedente, indicano chiaramente una trasformazione radicale: dalle gerarchie rigide alle reti fluide, dal profitto fine a sé stesso alla responsabilità sociale integrata, dal comando alla facilitazione. Questi cambiamenti, seppur complessi, rappresentano la via per costruire organizzazioni resilienti, etiche e capaci di prosperare in un mondo sempre più incerto e interconnesso.
Come mettere in pratica il Management aziendale
Conoscere modelli e caratteristiche del Management aziendale moderno non basta. La vera sfida per le imprese è tradurre nozioni teoriche in comportamenti organizzativi coerenti, azioni quotidiane e decisioni strategiche capaci di produrre valore. Ecco alcune best practice.
Ridurre la complessità dove non genera valore
I manager devono identificare ed eliminare processi, flussi e strutture che aggiungono complicazione senza contribuire alla performance. Questo significa semplificare procedure, snellire i livelli gerarchici e ridurre i passaggi decisionali non essenziali. L’obiettivo è velocizzare l’azione e migliorare la chiarezza organizzativa [14]. Strutture decisionali troppo articolate appesantiscono le organizzazioni. I manager devono saper creare governance snelle e pratiche: definire con precisione “chi decide cosa”, ridurre i livelli di approvazione e attribuire responsabilità operative a chi ha le informazioni.
Potenziare le competenze per gestire l’ambiguità e la complessità
Nei contesti ad alta variabilità, i manager devono promuovere lo sviluppo di competenze trasversali come la gestione dell’incertezza, la collaborazione interfunzionale e l’adattamento rapido. La formazione deve andare oltre le hard skill e includere capacità relazionali e decisionali avanzate. Le imprese che investono nello sviluppo delle competenze interne ottengono un incremento medio del 17% nella produttività, del 20% nelle vendite e del 21% nei profitti. Offrire opportunità di crescita professionale e di upskilling riduce inoltre il turnover, aumenta l’engagement e alimenta un circolo virtuoso tra motivazione individuale e performance collettiva [15].
Sfruttare la tecnologia per ottimizzare la gestione
La digitalizzazione ha trasformato radicalmente il modo in cui le aziende pianificano, monitorano e realizzano le proprie attività. Strumenti come i software di project management, le piattaforme di analisi dei dati e i sistemi CRM permettono di prendere decisioni più rapide e informate, migliorare l’allocazione delle risorse e potenziare la capacità previsionale. Inoltre, l’automazione di processi ripetitivi consente ai team di concentrarsi su attività a maggior valore aggiunto, stimolando innovazione e creatività.
Applicare le “Six Simple Rules”
Le “Six Simple Rules” sono un approccio pratico per gestire la complessità sociale delle organizzazioni [16]:
- Comprendere a fondo cosa fanno davvero le persone, oltre la job description
- Identificare figure-chiave che integrano il lavoro dei team
- Dare potere decisionale a chi è più vicino alle informazioni
- Rafforzare le interdipendenze tra team
- Estendere la responsabilità sull’impatto, non solo sul compito
- Premiare la cooperazione, non solo la performance individuale
Adottare una pianificazione iterativa
Quando il contesto è incerto, è rischioso pianificare tutto in anticipo. Si preferisce un approccio iterativo e basato su ipotesi definite: si dividono i progetti in fasi brevi con obiettivi intermedi, e si finanziano solo le fasi validate dai risultati. Questo metodo permette di correggere velocemente la rotta, minimizzare gli sprechi e trasformare l’apprendimento in vantaggio competitivo [17].
Conclusione
Il percorso tracciato in questo articolo mostra come il Management aziendale stia attraversando una trasformazione profonda. Da funzione tecnica a leva strategica, da controllo gerarchico a orchestrazione adattiva, oggi il management è chiamato a leggere la complessità, valorizzare le persone e promuovere modelli organizzativi inclusivi e rigenerativi. Le sfide del nostro tempo – tecnologiche, demografiche, sociali – impongono una leadership capace di apprendere continuamente, distribuire potere decisionale e misurare il successo anche in termini di impatto umano e ambientale. In definitiva, gestire un’impresa oggi significa assumersi la responsabilità di guidarla non solo verso la competitività, ma verso una forma più consapevole e sostenibile di creazione di valore.
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Fonti
[2] https://www.ilo.org/meetings-and-events/bridging-skills-gaps-sustainable-growth.
[3] https://www.weforum.org/publications/the-future-of-jobs-report-2023/.
[4] https://www.mckinsey.de/en/our-insights/the-state-of-organizations-2023.
[6] https://www.deloitte.com/gr/en/services/consulting/services/the-adaptable-organization.html.
[8] https://www.mckinsey.com/featured-insights/diversity-and-inclusion/women-in-the-workplace.
[9] https://www.mckinsey.com/featured-insights/diversity-and-inclusion/women-in-the-workplace-2023.
[10] https://hbr.org/2019/06/research-women-score-higher-than-men-in-most-leadership-skills.
[11] https://www.modellidicomunicazione.com/wp-content/uploads/2021/04/La-azienda-come-CAS.pdf.
[12] https://www.bcg.com/publications/2023/the-new-blueprint-for-corporate-performance.
[13] https://hbr.org/2023/05/the-leadership-odyssey.
[15] https://www.gallup.com/workplace/471968/culture-transformation-leaders-need-know.aspx.