Cultura organizzativa: costruire un ambiente di lavoro sano
In uno scenario dominato da cambiamenti rapidi, incertezza e crescente complessità, la cultura organizzativa è un fattore chiave per la competitività. I dati lo confermano: secondo McKinsey [1], le aziende che investono consapevolmente nella propria cultura hanno tre volte più probabilità di superare i concorrenti in termini di performance.
In questo articolo esploreremo il significato di cultura organizzativa, analizzandone gli elementi essenziali, i principali modelli teorici utili a interpretarla e gli strumenti per misurarla, svilupparla e comunicarla in modo efficace. Ci soffermeremo in particolare su una delle sfide più complesse nella gestione della cultura: le operazioni di fusione e acquisizione (M&A), in cui due identità culturali spesso profondamente diverse si trovano a convivere, scontrarsi e integrarsi.
INDICE DEI CONTENUTI
Che cos’è la cultura organizzativa?
La cultura aziendale è quell’insieme di valori, attitudini, caratteristiche e pratiche che rendono unica un’azienda rispetto alle altre. Rappresenta ciò che la identifica e la differenzia nel mercato e nella società. Comprende gli elementi simbolici, i comportamenti ricorrenti, il tono della comunicazione, ma anche l’approccio al cliente, al rischio, all’innovazione, al benessere delle persone. È ciò che rende riconoscibile un’azienda non solo ai suoi dipendenti, ma anche a chi ne è esterno: clienti, partner, fornitori o potenziali candidati.
Quando la cultura dichiarata e quella effettiva sono in disallineamento, emergono segnali di disfunzione: calo di fiducia, incoerenza nei comportamenti, difficoltà nell’esecuzione strategica. È per questo che ogni manager dovrebbe porsi una domanda chiave: ciò che diciamo di essere è coerente con ciò che realmente accade nella nostra organizzazione?
Capire la cultura significa, in ultima analisi, comprendere i meccanismi profondi che abilitano o ostacolano le performance.
I pilastri della cultura: elementi costitutivi e manifestazioni
La cultura si manifesta quotidianamente nei comportamenti, nei linguaggi e nei rituali dei membri dell’organizzazione. Per comprendere appieno il suo funzionamento, è utile scomporla nei suoi elementi costitutivi, che, seppur distinti, interagiscono tra loro, contribuendo alla coerenza interna e all’identità distintiva dell’azienda.
1. Valori e credenze fondamentali
Nel cuore di ogni cultura organizzativa si trovano i valori e le credenze fondamentali, ossia quei principi stabili e duraturi che orientano le decisioni strategiche e quotidiane. Questi sono essenziali per creare un senso di appartenenza e scopo condiviso, infatti, come evidenziato in un articolo di Harvard Business Review [2], le aziende con una cultura ben allineata ai valori delle persone tendono a registrare livelli più elevati di engagement, produttività e retention. I valori, quindi, non sono meri indicatori morali, ma strumenti organizzativi di coerenza e orientamento, capaci di rafforzare la resilienza e l’identità nei contesti di cambiamento.
2. Norme esplicite e implicite
Accanto ai valori, le norme – siano esse scritte o implicite – definiscono ciò che è accettabile o meno in un contesto specifico. McKinsey [1] afferma che le norme sono comportamenti condivisi e interiorizzati che regolano l’interazione tra individui e gruppi. Le norme esplicite si manifestano nei regolamenti interni, nei manuali operativi e nei codici di condotta, mentre quelle implicite agiscono in modo più sottile, trasmesse attraverso l’osservazione e l’interazione quotidiana.
3. Simboli e linguaggio
Ogni cultura si esprime anche attraverso un insieme di simboli e codici comunicativi. Dai loghi aziendali al layout degli uffici, dall’abbigliamento ai rituali linguistici, i simboli contribuiscono a rappresentare l’identità e i valori dell’organizzazione. Questi svolgono un ruolo chiave nei processi di trasformazione, in quanto rendono tangibili i nuovi comportamenti attesi e possono contribuire a consolidare le modifiche desiderate. L’adozione di un linguaggio interno – spesso fatto di acronimi, metafore e termini proprietari – rafforza l’appartenenza al team e all’organizzazione.
4. Riti e rituali
I riti sono pratiche ripetitive e formalizzate che scandiscono il tempo della vita organizzativa, rafforzando coesione e senso. Come riportato da Harvard Business Review [3] anche eventi come le riunioni settimanali, le cerimonie di premiazione o i momenti di onboarding possono assumere un significato simbolico profondo, contribuendo a trasmettere i valori fondanti e a rafforzare la memoria collettiva. Quando ben progettati, i rituali non solo rendono visibile la cultura, ma diventano veri e propri strumenti di regolazione sociale e motivazione interna.
5. Storie e miti aziendali
Le organizzazioni si raccontano, e lo fanno attraverso storie. Le narrazioni aziendali – che siano aneddoti fondativi, episodi di crisi superate o racconti su figure carismatiche del passato – fungono da architravi simboliche che rafforzano i valori e costruiscono identità. Sempre Harvard Business Review [3] indica che le storie sono una delle componenti più potenti per comunicare la cultura, poiché offrono modelli comportamentali e danno significato a esperienze collettive. Esse diventano miti quando assumono una funzione esemplare, modellando non solo la memoria, ma anche le aspettative future dei membri dell’organizzazione.
6. Il ruolo della leadership
Nessuna cultura esiste senza una leadership che la incarni e la modelli. La letteratura è unanime nel riconoscere che i manager – attraverso il loro stile, le loro scelte e le loro narrazioni – svolgono un ruolo essenziale nella creazione, nel mantenimento e nella trasformazione della cultura. Quando il loro comportamento è coerente con i valori dichiarati, la cultura si rafforza; quando vi è disallineamento, si generano sfiducia e frammentazione.
Le tipologie di cultura organizzativa: modelli e classificazioni
Ogni cultura si adatta a contesti organizzativi, modelli di business e ambienti differenti. Comprendere le diverse tipologie di cultura è fondamentale per allineare le dinamiche interne a obiettivi strategici specifici, valorizzando le peculiarità dell’azienda. I modelli teorici più consolidati in questo ambito sono quello dei Valori Competitivi di Cameron e Quinn e quello dei Livelli di Cultura elaborato da Edgar Schein.
Il modello dei valori competitivi di Cameron e Quinn
Sviluppato nei primi anni Novanta, il Competing Values Framework di Kim Cameron e Robert Quinn è uno dei modelli più utilizzati per classificare e comprendere le culture organizzative. Esso si basa su due assi fondamentali: focus interno vs esterno e flessibilità vs controllo. L’intersezione di queste dimensioni genera quattro tipologie culturali:
Cultura del Clan
Caratterizzata da un ambiente collaborativo e familiare, dove la coesione, l’impegno personale e il lavoro di squadra sono centrali. Il manager assume il ruolo di mentore o facilitatore. Questa cultura favorisce engagement, benessere e loyalty, ma può risultare debole nel prendere decisioni rapide o competere in ambienti conflittuali e complessi.Cultura dell’Adhocrazia
Dominata da creatività, iniziativa individuale, propensione all’innovazione, orientamento al cambiamento e alla sperimentazione. È tipica di startup e settori tecnologici. Pur stimolando l’innovazione, può mancare di struttura e coerenza operativa nel lungo periodo.Cultura della Gerarchia
Fondata su stabilità, procedure e controllo. Il management si comporta come amministratore o coordinatore e il successo si misura tramite efficienza, affidabilità e scalabilità. È comune in contesti ben strutturati, ma rischia di inibire flessibilità e creatività.Cultura del Mercato
Orientata a risultati, competitività e performance. Il manager stabilisce obiettivi chiari e misurabili e guida i team al loro raggiungimento. Sebbene efficace in mercati dinamici, può generare stress e turnover elevato.
Il modello dei livelli di cultura di Edgar Schein
Se il modello di Cameron e Quinn fornisce una classificazione “orizzontale” delle culture, Edgar Schein propone una lettura “verticale” che ne analizza la profondità. Il suo modello a tre livelli aiuta a comprendere la cultura come un fenomeno stratificato:
- Artefatti
Sono le manifestazioni visibili, spazi fisici, abbigliamento, linguaggio, rituali. Riflettono la cultura, ma non la spiegano da soli. Ad esempio, un open space può suggerire apertura e collaborazione, ma questa suggestione va verificata nei comportamenti reali. - Valori dichiarati
Espressi in documenti ufficiali come mission, vision e codici etici, sono le convinzioni condivise su cosa è giusto o auspicabile. Tuttavia, l’adesione a questi valori può essere superficiale se non è sostenuta da pratiche coerenti. - Assunti di base
Sono credenze profonde e inconsce che guidano i comportamenti quotidiani, il modo in cui si definisce il successo, la percezione del tempo, la relazione tra individuo e collettività. Spesso non vengono esplicitate, ma influenzano le decisioni e il clima in modo determinante.
Il principale vantaggio di questo modello di Schein risiede nella sua capacità di svelare le incongruenze tra ciò che un’organizzazione dice di essere e ciò che realmente è. Una cultura può promuovere l’innovazione a parole, ma punire implicitamente chi sperimenta e fallisce. Solo andando in profondità, i top manager possono comprendere e correggere queste dissonanze.
L’importanza strategica della cultura organizzativa
Negli scenari organizzativi contemporanei, la cultura non può più essere considerata un “nice to have”. Al contrario, essa si configura come un asset strategico ad alto impatto su performance, resilienza e capacità di adattamento dell’impresa. Come evidenziato in uno studio di Deloitte [4], oltre il 90% dei CEO intervistati riconosce che la cultura è un elemento fondamentale per raggiungere risultati sostenibili nel tempo e oltre il 70% afferma che un allineamento culturale efficace contribuisce direttamente alla crescita del valore aziendale.
Una cultura salda, coerente e ben comunicata diventa quindi una leva intangibile ma potente, in grado di orientare comportamenti, facilitare la coesione e fornire un vantaggio competitivo difficilmente replicabile.
Performance, produttività e risultati aziendali
Il legame tra cultura e risultati aziendali è ormai supportato da un’ampia base di evidenze empiriche. Secondo uno studio di McKinsey [5], le aziende che dichiarano di avere una cultura ben definita e saldamente vissuta hanno il 60% di probabilità in più di ottenere performance finanziarie superiori rispetto ai competitor. Questo perché un’organizzazione dotata di una cultura forte riesce a:
- allineare i comportamenti quotidiani agli obiettivi strategici
- ridurre i costi del coordinamento e della gestione dell’errore
- accelerare i processi decisionali e di esecuzione
- facilitare la gestione del cambiamento attraverso una base valoriale condivisa
Inoltre, come dimostrato da una ricerca di Deloitte [6], le imprese che investono in iniziative di sviluppo culturale ben integrate con la strategia registrano una crescita del 14% in più in termini di produttività e una riduzione significativa del turnover.
Clima aziendale e benessere dei dipendenti
La cultura è anche il fondamento del clima percepito dalle persone, ovvero quell’insieme di sensazioni, relazioni e aspettative che caratterizzano l’esperienza quotidiana sul lavoro.
Harvard Business Review [7] sottolinea che una cultura inclusiva e partecipativa contribuisce a un maggiore coinvolgimento, a un miglior equilibrio psicofisico e a una sensibile riduzione dell’assenteismo.
Innovazione e adattamento al cambiamento
Innovare richiede una cultura che favorisca la sperimentazione, la tolleranza all’errore e la collaborazione trasversale. Come illustrato – ancora una volta – da Harvard Business Review [8], le organizzazioni capaci di mantenere coerenti i propri valori durante i processi di cambiamento mostrano maggiore resilienza e agilità strategica.
La cultura consente all’organizzazione di evolvere senza perdersi, mantenendo integrità interna e continuità simbolica. In contesti VUCA (volatili, incerti, complessi, ambigui), questa capacità di rigenerarsi diventa una delle principali fonti di vantaggio competitivo.
Employer branding e attrazione dei candidati
La cultura ha anche una funzione reputazionale sempre più cruciale. Secondo Gallup, il 75% dei lavoratori della Generazione Z e dei Millennial considera la cultura uno dei tre fattori principali nella scelta del datore di lavoro [9].
Dunque, una cultura chiara, autentica e coerente rafforza l’employer branding, attrae candidati e candidate allineati con i valori aziendali e aumenta la probabilità che questi restino a lungo, trovando senso e motivazione nel proprio ruolo.
Come misurare e analizzare la cultura organizzativa
La cultura organizzativa, per quanto invisibile e spesso difficile da quantificare, può – e deve – essere misurata. La sua valutazione periodica consente di capire se i comportamenti, le relazioni e le dinamiche interne sono coerenti con i valori dichiarati e con gli obiettivi strategici dell’azienda. Senza un’attività sistematica di diagnosi culturale, qualsiasi intervento rischia di essere superficiale o disallineato.
Come osserva McKinsey [10], le aziende che mappano attivamente la propria cultura riescono ad attivare più rapidamente processi di trasformazione organizzativa, con un impatto fino al +30% sulla velocità di adattamento e implementazione delle strategie.
Strumenti e metodologie per l’analisi culturale
La diagnosi culturale può essere affrontata attraverso un approccio misto, che integra strumenti quantitativi e qualitativi, ciascuno con i propri punti di forza.
- Survey e questionari strutturati
Tra i più utilizzati vi è l’OCAI – Organizational Culture Assessment Instrument, sviluppato da Cameron e Quinn, che classifica la cultura in quattro archetipi e misura lo scostamento tra cultura attuale e desiderata. Altri strumenti includono le pulse survey e gli strumenti di people analytics (es. CultureAmp, Glint). - Interviste individuali e Focus Group
Questi metodi qualitativi consentono di cogliere le percezioni, i vissuti e i significati simbolici legati alla cultura. Sono fondamentali per comprendere le sfumature e le emozioni che i dati numerici non rivelano. - Osservazione diretta
Consente di rilevare comportamenti reali nei contesti lavorativi quotidiani: riunioni, modalità di feedback, rituali informali, dinamiche tra reparti. È utile per verificare l’effettiva coerenza tra valori dichiarati e prassi operative. - Analisi documentale
Valuta la coerenza tra cultura desiderata e quella rappresentata in materiali ufficiali come mission, vision, codici etici, policy HR, manuali operativi, comunicazione interna. - Feedback a 360° e valutazioni di clima
Raccolgono opinioni su comportamenti manageriali, stili di leadership, qualità della comunicazione e sicurezza psicologica, offrendo una panoramica integrata dell’ambiente lavorativo.
Secondo Deloitte [11], le aziende che combinano analisi culturali tradizionali con strumenti digitali avanzati (text analysis, sentiment analysis, people analytics) riescono a diagnosticare con maggior precisione i punti di rottura interni e a guidare trasformazioni più efficaci.
Strategie per la costruzione e il miglioramento culturale
Migliorare la cultura organizzativa non significa sostituirla, ma evolverla intenzionalmente. La cultura, per definizione, è poco incline al cambiamento: non cambia per decisioni prese dall’alto, ma attraverso il comportamento quotidiano e la coerenza sistemica. McKinsey [12] sottolinea che la chiave per un cambiamento culturale sostenibile è agire sulle leve comportamentali ad alta visibilità e modellare la cultura attraverso top manager credibili.
- Definizione dei valori: deve avvenire in modo partecipato, per evitare che restino slogan. I valori vanno tradotti in comportamenti osservabili e misurabili.
- Leadership esemplare: i manager devono incarnare quotidianamente i valori che vogliono promuovere. La cultura si diffonde “per osmosi” attraverso ciò che i responsabili di un team premiano, tollerano o ignorano.
- Reclutamento e onboarding culturalmente allineati: l’ingresso in azienda è il momento chiave per trasmettere cultura. Valutare il fit valoriale e integrare onboarding esperienziali rafforza l’identità condivisa.
- Formazione e sviluppo: non basta formare sulle competenze tecniche, servono percorsi che rendano espliciti i comportamenti attesi e favoriscano la pratica quotidiana.
- Sistemi di performance e riconoscimento: l’allineamento tra cultura e reward system è essenziale per sostenere la trasformazione.
- Promozione dell’interazione e della collaborazione: la cultura si costruisce nelle relazioni. Occorre favorire il dialogo tra reparti, la contaminazione tra ruoli, e momenti informali di confronto e riflessione.
- Errori e apprendimento: dove c’è innovazione, ci sono fallimenti. Una cultura evoluta considera l’errore come parte del processo di apprendimento e incoraggia la condivisione delle lezioni apprese.
Accanto a queste leve per costruire e rafforzare la cultura organizzativa la comunicazione svolge un ruolo trasversale e strategico. Non basta progettare la cultura, occorre renderla visibile, viva e coerente attraverso messaggi, simboli, storie e comportamenti condivisi. La cultura, infatti, non si trasmette una volta sola, ma si costruisce giorno dopo giorno, anche – e soprattutto – attraverso il modo in cui si comunica.
La cultura aziendale nelle M&A
Nelle operazioni di fusione e acquisizione (M&A), la cultura organizzativa rappresenta uno degli aspetti più critici, ma anche più sottovalutati. Quando due aziende si uniscono, non si fondono solo strutture e processi, ma anche sistemi di valori, comportamenti e modalità di lavoro profondamente radicati. Secondo McKinsey [13], la cultura è tra i principali fattori determinanti per la creazione di valore post-operazione: le aziende che riescono a gestire efficacemente l’integrazione culturale sono oltre il 40% più propense a raggiungere o superare gli obiettivi di sinergia sui costi e fino al 70% più propense a raggiungere o superare gli obiettivi di sinergia sui ricavi.
Le differenze culturali non gestite possono invece tradursi in calo della motivazione, aumento del turnover, rallentamenti operativi, conflitti sul lavoro e, nei casi peggiori, nel fallimento dell’integrazione stessa.
Per affrontare con successo l’integrazione culturale, è essenziale adottare un approccio strutturato che includa:
Diagnosi approfondita delle culture esistenti
Significa comprendere come il lavoro viene svolto in ciascuna organizzazione, identificando le differenze e le somiglianze nei comportamenti, nelle mentalità e nelle pratiche operative.
Il management deve essere promotore di un’indagine culturale autentica e trasparente. Può facilitare interviste, sondaggi, workshop e sessioni di ascolto con team rappresentativi di entrambe le organizzazioni. È suo compito legittimare questo processo come una priorità strategica e non come un esercizio formale, incoraggiando una narrazione sincera e senza timori. Inoltre, dovrebbe evitare di giudicare le differenze culturali come “giuste” o “sbagliate”, ma piuttosto leggerle in chiave di compatibilità con gli obiettivi futuri dell’organizzazione.
Definizione delle priorità culturali
Occorre poi stabilire quali elementi culturali sono fondamentali per il successo dell’organizzazione combinata e allinearli con gli obiettivi strategici dell’M&A.
Il manager ha il compito di guidare questo processo decisionale con visione strategica. Deve collegare chiaramente le scelte culturali agli obiettivi dell’operazione M&A: per esempio, se la nuova strategia punta su innovazione e agilità, vanno promosse le abitudini che favoriscono sperimentazione, collaborazione e flessibilità. Il leader deve anche rendere espliciti i compromessi culturali inevitabili, spiegandoli apertamente all’organizzazione e co-costruire – insieme a un gruppo di leadership allargata – una narrazione culturale condivisa.
Implementazione e supporto al cambiamento culturale
Successivamente serve integrare la cultura desiderata nel modello operativo della nuova entità, assicurando che i cambiamenti siano sostenuti da interventi sia razionali che emotivi e che coinvolgano l’intera organizzazione.
Il top management è il primo esempio vivente della nuova cultura. Deve incarnarla con coerenza nei comportamenti quotidiani e nelle scelte organizzative, comunicare costantemente il “perché” del cambiamento, riconoscere e celebrare i comportamenti allineati ai nuovi valori, e creare spazi per il dialogo e il feedback continuo. È inoltre cruciale che sostenga un sistema di sponsorship, formando e attivando altri leader interni che possano agire da moltiplicatori culturali in tutta l’organizzazione.
La creazione di una cultura unificata richiede un impegno costante e una comunicazione chiara da parte della leadership, nonché la partecipazione attiva dei dipendenti a tutti i livelli. La leadership ha un ruolo essenziale in questo processo: deve dare il buon esempio, comunicare con trasparenza e coerenza e creare spazi di ascolto e confronto.
Conclusioni
In uno scenario in cui l’evoluzione del mercato accelera e la competizione si fa sempre più serrata, investire nella cultura organizzativa non è un’opzione, ma una priorità strategica. Diversi studi lo dimostrano chiaramente: le organizzazioni che investono consapevolmente nella propria cultura — misurandola, raccontandola e integrandola alla strategia — si distinguono per capacità di adattamento, attrattività e risultati tangibili. Per i manager di oggi, costruire una cultura forte e coerente non è solo una buona pratica, è una scelta strategica imprescindibile per generare valore nel tempo.
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Fonti
[2] https://hbr.org/2018/01/the-leaders-guide-to-corporate-culture.
[3] https://hbr.org/2022/08/the-hidden-power-of-workplace-rituals.
[4] https://www.deloitte.com/gr/en/services/consulting/analysis/the-ceo-culture-connection.html.
[7] https://hbr.org/2021/02/company-culture-is-everyones-responsibility.
[8] https://hbr.org/2023/11/retaining-the-best-of-your-culture-amid-organizational-change.
[9] https://www.gallup.com/workplace/391922/great-resignation-culture.aspx)%E3%80%91.
[11] https://www2.deloitte.com/us/en/insights/focus/human-capital-trends/2021/human-capital-trends.html.